Medea, fuori dal mito

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Medea, un mito, una donna, una bambina, un’eroina. Una delle figure più complesse della mitologia greca rivive nel film di Davide Casali. Il regista e musicista triestino dona allo spettatore diverse ipotesi sulla vicenda della moglie di Giasone, legate sia al mito che alle problematiche del nostro tempo. In 42 minuti il regista ci offre molteplici chiavi di lettura di Medea: la prima è data dalla scelta di collocare tutte le scene del film in un contesto naturale. La seconda è la ricostruzione di ciò che Medea avrebbe voluto essere e non ha potuto essere: la divisione in quattro parti della sua vita (Mattino, Mezzogiorno, Tramonto e Notte), in contrasto con la narrazione proposta dagli antichi. Siamo sicuri che tutto sia andato così? Sono numerosi i segnali che ci avvertono che forse le vicende sono diverse, ed è lo spettatore a doverli cogliere.

Davide Casali ha voluto che il personaggio fosse interpretato da quattro attrici diverse nelle varie stagioni della vita: non esiste – o comunque è di difficile reperimento – una identità che definisca Medea in modo inequivocabile, una volta per tutte. Il regista ha voluto inoltre sottolineare la possibilità che Medea abbia subito come colpa il suo essere straniera in terra greca. Si spiega, quindi la scelta di far parlare Medea, dal momento in cui arriva in Grecia, in una lingua diversa rispetto agli altri personaggi (in questo caso, si è fatto ricorso a un greco antico, molto vicino alla lingua omerica): ciò che la donna dice può essere – e in qualche caso è – soggetto a interpretazioni non univoche da parte di chi le sta intorno.

È questo forse l’aspetto più innovativo di Medea fuori dal mito, quello che lo avvicina maggiormente alle problematiche del nostro tempo: il tema dello straniero che, per quanto voglia se non assimilarsi almeno adeguarsi pacificamente al contesto sociale in cui è venuto a trovarsi, per sua scelta o per arbitrio della sorte, spesso è respinto ed emarginato, come numerosi episodi di cronaca quotidianamente ci mostrano.